2011 Viallasanta - Circolo Amici dell'Arte

Recensione critica: Claudia Sala

"La pittura abita nel cielo?"

Osservando alcune delle ultime opere di Antonio Triacca parrebbe  di sì.

Pare propio che le immagini dipinte siano sospese in un'atmosfera rarefatta e alta, da guardare con stupore e meraviglia "dal sotto in su". Ma subito,  l'autore stesso sembra smentirsi, offrendoci una pittura "della terra", legata a uno stare dentro alla natura e ai suoi elementi in modo forte ed essenziale.

Non è un caso che le due facce di questa medaglia, cielo e terra, siano rese  anche pittoricamente con due tecniche e due tavolozze differenti. Il lieve acquarello per la pittura che sta nel cielo e l'olio per la pittura  della terra: Una colorazione quasi evanescente, con colature di colore per ciò che si libera nel cielo e un cromatismo più intenso e concreto per ciò che appartiene alla terra.

Il cielo e la terra. Tra cielo e terra, da sempre, l'uomo si muove, respira, vive e, in questi elementi primigeni, finisce per fondersi e riconoscersi. Non si avverte, però, nell'opera di Triacca, la proposta di una fusione panica nella natura, in cui prevalga l'elemento dionisiaco, irrazionale, scomposto. Si coglie, invece, la consapevolezza di riconoscersi, attraverso la forza della ragione ed il suo rigore, parte di un racconto straordinario di cui essere, ad un tempo, protagonista e narratore. 

Le pitture che abitano il cielo ci parlano di una dimensione onirica, ma le immagini sono comunque inquadrate razionalmente entro dei limiti, dei margini, che riescono a dare unità ad un racconto che, però, è leggibile contemporaneamente come una serie di appunti; una sequenza di fotogrammi; di frammenti di "illuminazioni" suggestive; di apparizioni che si fanno a tratti impalpabili e immateriali e che portano verso il cielo.

In questa atmosfera rarefatta il corpo si trasfigura, a volte si scompone in una liquefazione di forme e colori che scivola verso il basso, verso una terra che appare vuota: pagina bianca che accoglie solo le stille di queste immagini sospese, di questi sogni che, forse, sono anche la vita.

Ma la terra non è vuota e, se la pittura abita nel cielo, l'uomo abita nella terra, ci sta proprio dentro e si nutre dell'eterno racconto della natura. Una natura in cui la realtà si intreccia al sogno, ma che mantiene la sua concretezza nella plasticità  di un gesto pittorico di notevole potenza che si libera su campiture nette, definite, magre e ridotte alla pura essenza della materia pittorica, priva della pesantezza materica.

E' quasi una forma di scrittura questo gesto plastico, la cui istintualità si inquadra nella nitidezza di un disegno architettonico che dà razionalità alla narrazione e ad un linguaggio che ha un suo alfabeto, fatto di simboli in cui è racchiuso il rapporto eterno tra parola e immagine, tra natura e racconto.

In questo intinerario dalla terra al cielo e, nuovamente, dal cielo alla terra i due elementi si completano, dialogono e raccontano l'eterno viaggio dell'uomo.

 

 

 

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